Al contratto concluso con il professionista dall'amministratore di condominio, ente di gestione privo di personalità giuridica distinta da quella dei suoi partecipanti, si applicano, in presenza degli altri requisiti di legge, gli artt. 1469-bis e seguenti del c.c., poiché l'amministratore agisce come mandatario con rappresentanza dei vari condomini, che devono essere considerati consumatori in quanto persone fisiche che operano per scopi estranei ad attività imprenditoriali o professionali.
In materia condominiale, l'amministratore di condominio ricopre un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza, con la conseguente applicabilità, nei rapporti tra l'amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato. Le attribuzioni dell'amministratore sono disciplinate dall'art. 1130 c.c., e la sua condotta, per stabilire se sia venuto meno alle obbligazioni nei confronti del mandante, deve essere valutata secondo il criterio generale previsto dall'art. 1710 c.c. in tema di adempimento delle obbligazioni.
L'amministratore di condominio ricopre un ufficio di diritto privato che, sebbene con tratti distintivi riguardo alle modalità di costituzione e al contenuto sociale della gestione, è assimilabile al mandato con rappresentanza, con la conseguente applicabilità, nei rapporti tra l'amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato.
5. Cassazione civile, Sezione II, sentenza 8339 del 9 aprile 2014
Svolgimento del processo
Nel 1997, il condominio di via (OMISSIS) conveniva in giudizio innanzi al tribunale di Bologna il suo ex amministratore, G.M., per chiederne la condanna al risarcimento del danno, consistente nel pagamento di 23.099.091 del vecchio conio. A sostegno della domanda, il condominio denunciava di avere in comune la centrale termica con il vicino condominio di cui al n.c. (OMISSIS) della stessa via, con il quale, fino al 1984, aveva costituito un unico supercondominio. Cessato il supercondominio, le due parti avevano continuato a condividere il suddetto impianto, e nel 1985 avevano stipulato un accordo in base al quale le spese relative al bene e al servizio comune sarebbero state suddivise in parti uguali. Nel 1996, la Pir Petroli S.p.A., società fornitrice del gasolio per la centrale termica, aveva inviato un'unica richiesta ai due condomini per il pagamento di una somma di 45.696.000 L, risultante come loro debito in base all'estratto conto.
A seguito di ciò, l'amministratore del condominio di via (OMISSIS), G.M., non aveva provveduto a versare l'importo dovuto alla Pir Petroli S.p.A. Di conseguenza, il condominio aveva dovuto pagare nuovamente tale somma, maggiorata di interessi di mora, alla società creditrice, e aveva agito contro G.M., che nel frattempo aveva cessato l'incarico, per il risarcimento del danno.
Nel resistere in giudizio, il convenuto deduceva che da almeno dieci anni era solito effettuare il pagamento delle spese di consumo della centrale termica comune, mediante assegni bancari intestati all'amministratore del condominio di via (OMISSIS), T.A., che provvedeva poi al pagamento della società creditrice. Di tale modalità di pagamento, sosteneva, l'assemblea del condominio di via (OMISSIS) era sempre stata a conoscenza, autorizzandola o comunque ratificandola.
Il tribunale accoglieva la domanda, ritenendo non autorizzato dal condominio tale modo di pagamento e gravemente negligente l'avervi fatto ricorso delegando una propria attribuzione a un terzo.
Tale sentenza veniva ribaltata dalla corte d'appello di Bologna, che riteneva che i due condomini avrebbero dovuto nominare un amministratore dell'impianto comune e provvedere di conseguenza ai rapporti con i terzi fornitori. In difetto, i fornitori avevano continuato a rapportarsi come in precedenza con l'amministratore T.A., che era stato amministratore del supercondominio e poi del condominio di via (OMISSIS). Pertanto, il G.M., consegnando a T.A. la somma relativa alla quota del condominio di via (OMISSIS), non aveva delegato a un terzo una propria funzione, ma si era limitato ad operare in conformità a una situazione di fatto originata dagli stessi condomini e protrattasi per dieci anni.
Motivazione della decisione
8.1. Il primo e il secondo motivo, da esaminare congiuntamente per la loro complementarietà, sono fondati.
L'amministratore del condominio opera in regime di rappresentanza volontaria dei partecipanti al condominio e, come tale, è soggetto alla disciplina comune dell'art. 1703 c.c. e seguenti, applicabile a qualsiasi mandatario, e a quella specifica dell'art. 1130 c.c., salvo i maggiori poteri che il regolamento di condominio o l'assemblea possono configurare ai sensi dell'art. 1131 c.c., comma 1. In tale veste giuridica, pertanto, l'amministratore eroga le spese necessarie per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni (art. 1130 c.c., comma 1, n. 3).
La sua responsabilità quale mandatario nello svolgimento di quest'ultima attività non è esclusa né dalla circostanza che detti servizi siano prodotti da impianti comuni ad altri condomini, né dal fatto che non sia stato nominato un amministratore per la gestione della comunione. L'intero procedimento di erogazione della spesa — che oltre all'accertamento e all'impegno include anche il pagamento — si colloca nel rapporto interno fra l'amministratore e il condominio mandante. Ne deriva che, ai sensi dell'art. 1717 c.c., comma 1, l'amministratore che nell'esecuzione di tale attività di mandato sostituisca altri a se stesso senza essere stato autorizzato dal condominio, o senza che ciò sia necessitato dalla natura dell'incarico, risponde per l'operato della persona sostituita.
Poiché la volontà del condominio si forma e si manifesta attraverso atti collegiali a contenuto formale, anche l'autorizzazione a valersi di sostituti nell'esecuzione del mandato, al pari di ogni altra autorizzazione, deve risultare da una delibera dell'assemblea condominiale. Nulla rileva che la sostituzione fosse conforme a precedenti prassi note ai condomini, poiché tale circostanza non vale di per sé ad esprimere la volontà del condominio.
8.2. Nel caso in esame, la Corte territoriale, pur ritenendo astrattamente corretta l'applicazione dell'art. 1717 c.c., ha escluso la sua applicazione, ritenendo che i due condomini non avessero nominato un amministratore per la gestione della centrale termica comune né regolato i rapporti con i fornitori. I fornitori, dunque, avevano continuato a rapportarsi come in precedenza con T.A., amministratore del supercondominio e poi del condominio di via (OMISSIS). Da ciò ha tratto la conclusione che "il G.M., consegnando a T.A. le somme per la quota relativa al condominio di via (OMISSIS), non ha spontaneamente delegato, come ritenuto dal tribunale, una propria funzione ad un terzo, ma si è limitato ad operare in base alla situazione di fatto originata dagli stessi condomini e protrattasi per dieci anni".
Questa conclusione è priva di fondamento in una norma o in un principio di diritto. Inoltre, è illogica, poiché suppone che l'erogazione di una spesa da parte dell'amministratore del condominio diventi una mera raccolta di denaro, al di fuori del vincolo del mandato, quando si riferisce a un servizio comune ad un altro condominio non regolato con i fornitori. Costituisce altresì un errore ritenere che, in tale contesto, l'intero condominio diventi automaticamente responsabile delle attribuzioni dell'amministratore, dimenticando che il rapporto riguarda esclusivamente l'esecuzione del mandato per il pagamento delle spese di riscaldamento.
Pertanto, la Corte ha errato nel dare rilievo a circostanze di fatto prive di significato, poiché la controversia concerne solo l'esecuzione del mandato per il pagamento delle spese di riscaldamento, che riguarda esclusivamente il rapporto interno tra il condominio ricorrente e il suo amministratore. La responsabilità dell'amministratore, come già sottolineato, è disciplinata dall'art. 1130 c.c., e l'autorizzazione a sostituire altri deve provenire da una delibera dell'assemblea.
Cass. pen., Sez. IV, sent. 6 settembre 2012, n. 34147
L'Amministratore del condominio riveste una specifica posizione di garanzia, su di lui gravando l'obbligo ex art. 40, comma 2, c.p. di attivarsi al fine di rimuovere, nel caso di specie, la
situazione di pericolo per l'incolumità dei terzi (cfr. Sez. II, n. 4676 del 1975, RV 133249). Né l'obbligo di attivarsi per eliminare la riferita situazione di pericolo doveva ritenersi subordinato,
come erroniamente sostenuto dal ricorrente, alla preventiva deliberazione dell'assemblea condominiale o ad apposita segnalazione di pericolo tale da indurre un intervento di urgenza. Il disposto
dell'art. 1130, n. 4, c.c. viene, infatti, interpretato dalla giurisprudenza di legittimità nel senso che sull'Amministratore grava il dovere di attivarsi a tutela dei diritti inerenti le parti
comuni dell'edificio, a prescindere da specifica autorizzazione dei condomini e a prescindere che si versi in casi di atti cautelativi ed urgenti (cfr. Sez. IV, n. 3959 del 2009; Sez. IV, n. 6757 del
1983). Dalla lettura dell'art. 1135, ultimo comma, c.c., si evince peraltro, a contrario, che l'Amministratore ha la facoltà di provvedere alle opere di manutenzione straordinaria, qualora rivestano
carattere di urgenza, dovendo poi informare l'assemblea.
Cass. pen., n. 34147 del 12 gennaio 2012
L'Amministratore di condominio riveste una specifica posizione di garanzia ex art. 40, comma 2, c.p., in virtù della quale ha l'obbligo di attivarsi per rimuovere le situazioni di pericolo per
l'incolumità di terzi (nella specie rappresentata dall'omesso livellamento della pavimentazione dell'edificio condominiale che aveva determinato la caduta di un passante).
"In caso di mancata formazione della volontà assembleare e di omesso stanziamento dei fondi necessari a porre rimedio al degrado che dà luogo al pericolo, non può essere ipotizzata alcuna responsabilità dell'Amministratore per non aver attuato interventi che non erano nel suo materiale potere adottare e per la realizzazione dei quali non aveva le necessarie provviste, ricadendo in siffatta situazione la responsabilità in capo ai singoli condomini" (Cass. pen., Sez. II, sent. 2 maggio 2011, n. 16790; ibidem, Cass., sent. n. 1784/2007 e, da ultimo, Cass. pen., Sez. III, sent. 13 gennaio 2012, n. 886).
Cass. pen., 18 settembre 2013, n. 42347
"L'Amministratore di un condominio assume la posizione di garanzia propria del datore di lavoro nel caso in cui proceda direttamente all'organizzazione e direzione di lavori da eseguirsi
nell'interesse del condominio stesso. Ma, in caso di affidamento in appalto di dette opere, tale evenienza non lo esonera completamente da qualsivoglia obbligo, ben potendo egli assumere, in
determinate circostanze, la posizione di commitente ed essere, come tale, tenuto almeno all'osservanza di quanto stabilito dall'art. 26, D.Lgs. n. 81/2008" (nella specie, relativa all'affidamento di
lavori di abbattimento di una pianta, per i quali l'Amministratore di un condominio era stato condannato per la violazione dell'art. 26, comma 1 e 2, lettera a e b, e 55, comma 4, lettera d, D.Lgs.
n. 81/2008. La Corte ha cassato con rinvio la sentenza di condanna, atteso che il giudice del merito non aveva tenuto conto che l'imputato aveva agito quale Amministratore di condominio, dando
esecuzione a una delibera condominiale che aveva deciso e assegnato l'appalto).
Cass. pen., Sez. IV, sent. 18 ottobre 2012, n. 40906
"Il datore di lavoro che omette di versare nei termini le somme di denaro trattenute a titolo di contributi previdenziali sui compensi del lavoratore commette il reato di appropriazione indebita"
(nel caso analizzato dalla Suprema Corte, l'Amministratore aveva ricevuto dai condomini le somme di denaro necessarie, ma omesso di versare i contributi previdenziali per il portiere, integrando così
tale condotta nel reato di appropriazione indebita).
Cass. pen., 15 maggio 2013, n. 29451
"Per la configurazione del delitto di appropriazione indebita basta che l'ingiusto profitto sia potenziale, non essendo necessario che esso si realizzi effettivamente. Il che emerge pacificamente dal
rilievo che l'art. 646 c.p. richiede solo che il soggetto attivo agisca 'per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto'" (nella specie, confermata la condanna per appropriazione indebita
aggravata nei confronti di un Amministratore che aveva trattenuto la documentazione concernente il condominio di cui era stato Amministratore fino a quando non era stato revocato con apposita
delibera dell'assemblea condominiale).
Cass. pen., 3 febbraio 2012, n. 18864
"L'appropriazione indebita, da parte dell'Amministratore condominiale, di somme da lui ricevute, anche nel corso di più anni, dai condomini, si consuma, coincidendo con l'interversione del possesso,
all'atto in cui, dovendo egli provvedere al passaggio della cassa a un nuovo Amministratore, trattenga per sé le dette somme, defalcandole da quelle che, secondo le risultanze contabili, avrebbe
dovuto consegnare".
Vedi anche Cass. 17 maggio 2013, n. 29451
"Il delitto di appropriazione indebita è reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa e, nel momento in cui l'agente compie un atto di dominio sulla cosa con la volontà
espressa o implicita di tenere questa come propria" (nella specie, la Corte ha ritenuto perfezionato il delitto di appropriazione indebita della documentazione relativa al condominio da parte di
colui che era stato Amministratore, non nel momento della revoca dello stesso e dalla nomina del successore, bensì nel momento in cui l'agente, volontariamente negando la restituzione della
contabilità detenuta, si era comportato "uti dominus" rispetto alla "res").